Biografias impossíveis, Italiano

IO E MEDEA ANDIAMO A SIRENE

                                              http://www.foto-divertenti.it/la-sirena-scheletro/ 
Quindi, si, le sirene esistono e proprio l’altro giorno ne parlavo con la mia vicina Medea, mentre lei raccoglieva le uova d’oca da un albero d’oche…
Abbiam poi deciso che prendevamo io il mio maggiolino e lei la sua vespa per volare sulle spiagge della Sirenaica. A Sirene avremmo potuto passare una notte allegra al Nausicaa, e, chi sa, incontrare una qualche sirenetta con cui scambiare quattro chiacchiere… La musica, già in partenza, è la parte più appetitosa della serata, c’è la lira elettrificata sopra il battito di onde contro gli scogli e, soprattutto, c’è la voce suadente, sexy e roca di Melusina, il tutto live e accompagnato da un’ottima scelta di nettari e ambrosie, e l’ambiente è sempre interessante.
Insomma, vespa e maggiolino sellati, arriviamo in questa regione bellissima del nord Africa. La Sirenaica è la regione orientale della Líbia, la cui capitale è Bengasi, che anticamente era conosciuta come Bengodi. Per ragioni di trasformazione fonetica, che non starò qui a spiegare, oggi è conosciuta come Cirenaica e la città più antica è Sirene, oggi Cirene.
La grande fonte di ricchezza della Sirenaica è il turismo, specialmente a Sirene. Gioco e prostituzione sono la ricchezza del posto che il boss Nettonio gestisce e soprattutto i maschi umani, attratti dalle voci seduttrici delle indigene, finiscono per lasciarci il capitale. È una vera e propria Las Vegas africana, stretta tra il mare e le propaggini del Sahara.
Io e Medea arriviamo a Bengasi al tramonto e il colore del cielo ci lascia senza fiato. Tra le malie delle maliarde africane, ci scordiamo sempre delle arti di seduzione della nostra amica Shaba, boss potente che controlla quella zona, che ci sta aspettando e che ha creato l’incanto del primo tramonto color argento che abbiamo mai visto in vita nostra. Ci riceve nel suo palazzo Bengodiano, e per essere chiara sul posto dove entriamo dopo aver lasciato maggiolino e vespa alle cure degli stallieri, immaginatevi una straducola polverosa, non asfaltata, con quattro cani smunti che rigirano i monticelli di pattume.
E qui, Medea non si smentisce, entra in una macelleria dove compra quattro gobbe di cammello, le sminuzza e le da ai cani. Due cose: uno, le gobbe di cammello sono ricche in proteina e sono molto idratanti, quando sono gonfie, praticamente come il cocco verde. Due, Medea non è un tipo materno, ma con le bestie ci sa fare davvero. Una volta è riuscita a piazzare due draghi di Kommodo abbandonati sulle coste di Sumatra a una famiglia d’adozione di gnomi tedeschi. Ha un vero e proprio allevamento di vesponi che servono proprio al trasporto degli animali che devono essere adottati nei punti più distanti del globo. È l’unica persona che conosco che sia riuscita a trasportare pinguini neonati al polo nord e un gruppo di anziani orsi polari nella Terra del Fuoco. La parte dei pinguini l’ho vista anch’io, abbiamo viaggiato insieme e mi ha insegnato a dare il biberon ai pinguini senza ferirgli il becco.
Ma sto divagando. Allora, straducola, cani (ora alimentati da Medea) e uno stretto androne. Dietro, un palazzo che è l’equilibrio perfetto tra l’Alhambra e il Taji Majal.
Il palazzo di Shaba.
Da perdersi. Infatti, io e Medea ci perdiamo, finché Arianna, la figlia di Shaba, non viene a salvarci da quel dedalo di portici, vasche di fiori di loto, fonti della gioventù. Sono anni che non vediamo Shaba, così passiamo la serata attualizzandoci. Lei è appena uscita da una storia pesissima con un giudice, che però avrebbe preferito essere un cantante e ballerino professionista. Quindi, un frustrato, che quando Shaba è rimasta incinta di Arianna lui, semplicemente, con una sentenza storica sull’affidamento della prole ad una delle due madri di una coppia lesbica separata, ha mostrato che sarebbe stato un padre piuttosto complicato, pronto a risolvere le cose sul filo di lama.
Vabbe’, ci piange un po’ su, ma Medea prepara un narghilè ben carico e ci ritroviamo presto beate a fare battutacce sulla propensione di “giudici cantanti ballerini” che pontificano senza mai avere l’ombra di un dubbio, anche quando i loro atti possono essere interpretati solo come delle emerite cazzate..
Ci addormentiamo pian piano tra i cuscini del boudoire, tra i fumi e i profumi della mirra, che mantiene lontane le Aedis Aegypti, zanzare con la testa di tigre e un copricapo faraonico che volano in formazione geroglifica.
Il giorno dopo lasciamo Shaba e Arianna con la promessa di rivederci presto. Il mio maggiolino ha le ali che brillano e rutta soddisfatto dopo aver banchettato, la vespa di Medea mi ronza di lato, mentre ci dirigiamo verso Sirene.
Arriviamo e, chiaro, alloggiamo all’hotel Ulysses, il più antico della città. Ça và sans dire, il proprietario è sempre lo stesso, continua sordo come una campana. Anzi, è peggiorato. Passiamo la giornata sulla spiaggia, a fare le turiste, confuse tra i turisti. I troll abbondano, ma basta saperli trattare. Mi ricordo che quando ero una giovane fata ancora senza colore, cioè prima di diventare nera, una volta in un locale c’erano tre troll. Una di loro aveva letto una pergamena con feticci da quattro soldi, uno dei quali diceva “va’, dove il cuor ti porterà”, e l’altra troll, immediatamente, rispose “ma che cuore e cuore, va’, dove la gnocca ti porterà!”, mentre dall’alto dei suoi due metri e mezzo mi guardava con occhi tristi e libidinosi. Lavorava al mattatoio municipale. Le troll dovrebbero farci pensare a una certa crudeltà della vita.
Alla sera ci prepariamo per uscire. Sirene brilla di insegne luminose, le strade sono affollate di ogni creatura possibile. Al Nausicaa, alcune facce nuove, molte conosciute. Da un tavolo, lepida, Nereide si alza ondeggiante e si dirige verso di noi, chiamandoci con voce acuta. Sediamo al tavolo con lei e le altre: Fat-A-Maranta, la nostra amica rapper (secondo me, la sua più bella interpretazione è stata “Il volo del calabrone” urlata dall’ape appena domata).
Poi ci sono Grazia e Graziella, due delle tre Grazie. La terza ha sempre sofferto di crisi d’identità per il nome che le hanno imposto. Da quando ha cominciato a capire come funziona il mondo, si è resa conto di non essere mai stata voluta. Per cui, già in giovane età, ha scelto di fare la mercenaria nelle guerre africane alla ricerca dell’oblio. Grazia e Graziella, però, sono graziosissime, specialmente quando si scatenano in pista a ballare. Oddio, io e Medea abbiamo un po’ la sensazione che la terza sorella avesse un effetto positivo su una certa sdolcinatezza delle due, con la sua ironia tagliente. Al locale ci sono anche un bel po’ di troll e qualche altra figura interessante, Medea si sporge per prendere un succo di ginepro fermentato, mentre io mi guardo intorno, in attesa che entri la voce di Melusina ad intrecciarsi con il rock divino della lira elettrica scatenata di Nausicaa. So già che io e Medea ci porteremo via il Cd di queste due, da ascoltare per mesi in attesa di un fare un altro viaggio…

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MARCHIONNE, CROZZA & IL BRASILE

Vorrei contribuire a capire il personaggio Marchionne interpretato da Crozza, che a Ballarò ha espresso la sua personalissima opinione sul Brasile. Temo che il livello di preparazione della classe dirigente attuale su economia e società sia proprio questo. O meglio, che gente come Marchionne sappia benissimo distinguere realtà e fantasia, mentre l’elettore medio forse ancora non del tutto. Questo perché vive in un piccolo mondo campanilista, in cui la conoscenza storica, geografica e sociale non esiste. esiste, però, la fantasia creata da prodotti al limite della fiction, rivolti al turismo o al desiderio di evasione di telespettatori e fruitori di magazines.
Molti italiani non sanno cosa sia il Brasile nella sua realtà socio-economica, che spiega il perchè la FIAT, qui in Brasile, vende.
Attualmente, il Brasile ha più di 177.000.000 di abitanti. La popolazione che è stata descritta da Crozza come predominante rappresenta poche centinaia di migliaia di membri delle nazioni indigene. Il resto della popolazione (che nonostante le popolazioni indigene continua attestata oltre i 177.000.000) vota, se vuole, a partire dai 16 anni. In Brasile esiste una legge detta “ficha limpa”, cioè: i candidati alle cariche pubbliche non devono avere, tra i requisiti minimi per concorrere, processi a carico. Per quanto il paese soffra perché i corrotti non sono un’esclusiva italiana, questo è più di quanto l’Italia offra.
Perché si produce e vende la FIAT in Brasile? Nonostante il delirio post-antropologico di Crozza, che ci racconta che gente nuda che vive nelle capanne compra la Panda per venerarla come un Totem,
Negli ultimi 15 anni, dal governo Fernando Henrique ad oggi, il Brasile è diventato una potenza mondiale. Ha fatto scelte economiche e sociali che fanno si che oggi sia un paese che offre credito invece di avere un debito così immenso da non saper neanche da dove cominciare a pagare gli interessi.
Le persone, in questo stato di cose, guadagnano di più. Non voglio dire che sono più ricche, dico solo che guadagnano di più. Il Brasile continua ad essere uno dei punti della terra di fortissime disuguaglianze sociali. Una fetta molto consistente di popolazione, anche se vota, si preoccupa con il ferro da cavallo, più che con il SUV. Comunque, specialmente nelle aree più industrializzate del paese, c’è gente che compra la macchina per la prima volta. Un proletariato entrato in questi anni in una classe di consumo medio-bassa.
E la FIAT, con la sua tradizione di una macchina per famiglia che porta alla creazione dell’antica 500, in un paese come questo ci marcia! É una marca competitiva, costa meno per chi compra. In Brasile c’è la UNO. Quella nuova, fashion, costa di più. Più di quella vecchia scassona che tutti conosciamo. Qui, è una macchina perfetta. È la jeep dei poveri: un carrozzone che non ha problema con le buche (è alta!), va sullo sterrato e ha un baule che, per la sua categoria, continua il migliore, nessun’altra marca permette un costo/beneficio uguale. Risultato: è una macchina usatissima per servizi telefonici, manutenzione rete elettrica, idraulici… e altri mestieri che vanno un po’ dappertutto e con casse/cassette/fili/ammenicoli professionali vari.  Le revisioni e manutenzioni della FIAT costano molto meno delle altre. Nelle categorie popolari, vende un sacco la Palio (già permette una distinzione di classe rispetto alla UNO antica, quella nuova è un po’ fighetta. La 500 è una macchina stupida, ma è considerata da ricchi – e in effetti, fa concorrenza soltanto al mggiolino contemporaneo, stupido e inutile. Quello antico qui va forte, in fondo era la 500 tedesca… ). La Palio, come la UNO, sono prodotte in Brasile. Quando Marchionne (quello vero) ha lanciato il SUV FIAT, non lo ha fatto pensando all’Italia, ma a un mercato col profilo Brasiliano. La FIAT, in Brasile, significa garanzia di incontrare pezzi di ricambio, di rivendere la macchina senza perderci troppo, di avere una macchina che, a tutti i livelli (dalla UNO al maledetto FREEMONT) costa sempre un po’ meno delle sue concorrenti per categoria.
La nuova entrata nella classe C dei consumatori (e sono molti) con le origini nella classe D (non consumatori) mantiene la FIAT molto bene, grazie. Solo perché vi facciate un’idea: come docente universitario io gravito tra la classe C alta e la B bassa/media, dipende se c’è crisi in giro. Attualmente, sono B e ho appena rivenduto una Peugeot Escapade 1600 SW prodotta in Brasile per pagare una buona parte di una Palio Weekend Trekking 1600 (sempre SW). Quest’ultima è la sorella della prima in prestazioni/consumi/volumi, però: costa meno/ha più spazio/per la manutenzione in concessionaria spendo la metà.
Potete immaginare che, prima dell’acquisto, abbia valutato la concorrenza, e immaginate giusto.
La FIAT in Brasile funziona perché si vuole che funzioni! E finché avrà questa politica di vendite, il riflesso sulle politiche di produzione sarà, inevitabilmente, positivo, e gli operai di Betim, in Minas Gerais, dove ci sono gli stabilimenti FIAT, non si ritroveranno col culo per terra. Anzi, direi che da queste parti l’azienda non è in crisi. Gli operai della FIAT, da queste parti, riescono a comprarsi una FIAT, perché in Italia devono fare la fame?

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Italiano, Machismo, Mulheres

INDOVINELLO: COSA C’È CHE NON VA NEL PROFILO DI QUESTA DONNA????

Indovinello: cosa c’è che non va nel profilo di questa donna????

Su Repubblica di oggi c’è una galleria di foto che mi ha lasciato… “puzzled”.

Sono delle foto di PROFILI femminili. In ogni foto, c’è il nome della proprietaria. Ed io ho perso del tempo a cercare “il difetto”. In venti donne del calibro di Angelina, Charlize, Nicole, la principessa della “perfida Albione”… Ma povere… non importa che queste donne si debbano adeguare agli standard degli studios, e pochissime resistono a questa necessità. Devono pure essere oggetto di sguardi “sul profilo DEBOLE”. Trovo molto sgradevole che la stessa stampa che per mesi ha scritto che era indecente lo sguardo del truffaldin cavaliere sul corpo delle donne, che era vergognoso che l’uomo dai mille mestieri guardasse il didietro alla Merkel (e quel che è peggio, lo commentasse…), mi proponga di avere lo stesso sguardo sulle foto che mi offre.
Mi da fastidio perché mi rendo conto che hanno fatto di me una “merce di scambio”. Mi hanno raccontato che loro non ci stavano a guardarmi con il sapiente occhio clinico del chirurgo plastico, ma vedevano in me qualcuno. Invece, anche loro continuano a trattarci come corpi, che nascono e, peggio, cambiano sempre nel modo “sbagliato”. Comunque, corpi imperfetti. Non si capisce perché, con questa idea che circola sul fatto che una donna non può mai essere tale – deve essere un lolita, nell’aspetto, nel comportamento, nel livello intellettuale e riflessivo -cerchino pure di convincerci che possiamo essere perfette.

La galleria di Repubblica, grazie ad un testo degno dell’ormai ex capo del governo, si rivolge a donne e adolescenti che entrano sul sito per dirgli “guardate, siete e sarete sempre delle ciofeche indigeste, a meno che non abbiate tempo e denaro per rifarvi ANCHE il profilo”.
Si rivolge ai maschietti dicendo “Le vostre compagne stanno a queste immagini come la Merkel sta alle veline nella nostra virile concezione italica di cosa sono le donne”.

Ossia: donne, plastificatevi. Che il vostro corpo non indichi la vostra umanità fatta di peli, odori, espressione, stanchezza, allegria e tristezza. Cominciate dai piedi, che non devono avere calli anche se usate un tacco 12. Estirpate quei peli dalle zampe – di grazia! – che sembrate delle MAMMIFERE! La pelle deve essere sempre liiiiiscia, per poter mostrare le gambe e le braccia. Anzi, visto che ci siamo, non dimentichiamoci il PUBE. Questo sconosciuto. Pieno di peli. Sembrate delle donne! E invece no. Meglio sembrare delle imPUBEri. E non dimenticate di fare qualcosa per quelle ascelle IM-PRO-PO-NI-BI-LI! No, non si tratta solo di depilare, bisogna evitare che abbiate qualsiasi odore umano. E poi, la grande novità! Finalmente il deodorante che “ripara” la pelle delle ascelle e la rende liscia come il culetto di un neonato. Questa mancava. Neanche le ascelle lasciano in pace a crescere le giuste cicatrici dopo una vita in cui sono state costrette a depilazioni crudeli…
Ossia: uomini, scegliete le vostre bambole. In ogni confezione troverete i pezzi di ricambio: un naso più corto, un mento in meno, quattro copie di ricambi di diversa misura di silicone (francese, se la bambola è made in china), tossine ammazza tutto.
Ho sentito e letto commenti, in rete, sulle nostre attuali ministre. Il meglio complimento era che una di loro è “una con le palle” (detta da un parmigiano a cui piacque la gestione della Cancellieri quando la città venne commissariata una prima volta). Poi, basta. O meglio, gli altri commenti sono in stile “macho al bar”.
La Merkel non ci piace. Per colpa della politica che CONDUCE. Una donna di potere. Ma il macho da bar ci aggiunge un commento fisiologico.
Dilma Rousseff nessuno se la fila, perché l’Italia continua a pensare che il Brasile sia una Repubblica delle Banane”. Intanto, però, Ha messo in vari posti chiave delle donne potenti (dell’imprenditoria, della Cultura, dell’ economia…). Una donna di potere. Ma il macho da bar ci aggiunge un commento fisiologico.
In casa gioca l’inossidabile Rosy Bindi. Sulla quale non se ne può più di sentire che il macho da bar coincide con l’uomo razionale per eccellenza, il politico.
In ogni caso, tornando a Repubblica: vi state rivelando dei veri machos, proprio come si vede alla TV. La vostra falsa solidarietà nasconde il tipo peggiore di macho, quello paternalista. Il boccaccione lo conosciamo bene.
Alla fin fine, però, anche voi così pronti a cercare la trave nell’altrui occhio non vi siete curati del tronco che avevate voi. Perché, mi chiedo, tanto odio per la nostra umanità?
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LA NOTIZIA CHE NON HO INCONTRATO.

Scorrendo i titoli dei giornali, ho sentito la mancanza di una notizia: quella delle manifestazioni spontanee che ricordassero al mondo che c’è ancora chi non crede al potere risolutivo delle armi, che l’Italia ripudia la guerra e che è un paese in cui è possibile la solidarietà verso quelli che le armi non ce le hanno, indipendentemente dal fatto che, nei loro paesi di origine, appoggino uno o l’altro dei contendenti. Facciamo un’ ipotesi assurda, giochiamo alla fantapolitica. Facciamo finta di essere un’Italia in guerra. Così, giusto per rilassarsi un po’. Facciamo finta che l’ Italia sia un posto dove da sempre si emigra. Oggi si emigra ben vestiti. Gli emgranti italiani arrivano all’ estero come minimo con una laurea in tasca, sono lavati, ben vestiti, preparati. Sono cognitari, mano d’opera intellettuale. Vabbè, diciamo anche che in Italia ci sono fazioni politiche con interessi diversi e che, a un certo punto, ci siano i secessionisti, i fascisti e gli “altri”. Gli “altri” sono un’entità confusa che, in parlamento, è chiamata opposizione. L’ unica cosa che hanno in comune è un generico rispetto per i principi ancora illuministi della divisione dei poteri (principio basico della democrazia, si imparava già alle elementari, quando io ero bambina e facevo, appunto, le elementari dalle suore…non mi hanno mai obbligata a fare la comunione e sono orgogliosamente anticlericale, nel ricordo di maestra Romana, la suora cuoca gentilissima, di maestra Chiara, una donna che oggi vedo come “donna di successo” per meriti propri, e così via. Ma sto divagando, scusate, torno alla fantascienza di un’Italia immaginaria…). Dicevo, allora, che ci sono forze in campo che, ormai, sono disposte all’ uso delle armi (per esempio, mafia e camorra e sacra corona e ‘ndrangheta, ma anche padani convinti, che magari in alcuni luoghi hanno gente armata. È assurdo, certo, come poteva essere assurdo pensare che in yugoslavia ci fosse quel che ci fosse. Poi c’ era quella folla confusa, che magari, all’ inizio, appoggiava l’ uno o l’altro, ma poi si ritrovava ad essere bersaglio quando stava in fila per il pane. Un classico della storia, questa relazione assolutamente emotiva della morte/rivoluzione per il pane. Insomma, alla fine c’ era la gente che viveva in famiglia, lavorava, sperava in un futuro migliore per i figli che si è vista interrompere il tempo della vita, quello fatto dai ritmi della speranza. Nell’Italia del nostro gioco, facciamo finta che ci sia una famiglia leghista, una fascista e una degli “altri”. Facciamo finta che vivano in una città del centro Italia, che ne so, Lucca. Un posto interessante, perché nella seconda guerra mondiale ha avuto la linea gotica a un sputo, è alle falde dell’ appennino tosco-emiliano. Per cui, ci sarà una “generica” tradizione da parte di molte famiglie, di una memoria degli avvenimenti. Che ne so: la nonna che nascose il nonno, fuorilegge dal ’43 perché membro dell’ arma dei carabinieri, fedele al re. Allora il nonno si nascose dalla nonna, ma un giorno i fascisti bussarono alla porta e il nonno fece appena in tempo a nascondersi dietro alla porta. La nonna, che negli anni trenta era stata una “giovane italiana”, divertendosi un sacco a fare ginnastica, si trovò così a fronteggiare i fascisti che chiedevano del nonno, convincendoli che lui non c’ era. Dimenticavo di dire che, in questa memoria possibile di un qualche lucchese di oggi, il nonno era nascosto dietro la porta, si, ma con la pistola in mano… Allora, le tre famiglie lucchesi sono composte da genitori tra i 50 e i settanta e figli tra i 20 e i 40.

Facciamo finta, ora, che qualcuno, tra i figli, “emigri”. Qualcuno, tra i figli, sia disoccupato o precario. Qualcuno lavora in polizia. Qualcuno va a caccia. Facciamo finta che tutte e tre le famiglie siano armate per una qualche ragione e che, ad un certo punto, una delle fazioni decida di prendere in mano le redini della situazione in un rapido colpo di mano, perché non ci riesce cambiando istituzionalmente l’assetto delle regole. Oh, si pensa sempre per assurdo, mica che cose del genere succedono in Italia. Allora, si comincia a sparare. E le nonne, le figlie, i nipotini, cominciano a vedere qualcuno della famiglia che piglia l’ arma da caccia o di ordinanza e decide di reagire. Si cerca di mandare la nonna e il nipotino in svizzera, ma alla frontiera i leghisti svizzeri ci fanno fanno no praticamente in bergamasco e scuotono la testa con le armi in mano. Si cerca di fare uscire il figlio sposato con la nuora e la nipotina da Mentone, ma forti della riforma del trattato di Schengen rivisto, i francesi ci dicono no con accento garibaldino, scuotendo la testa con le armi in mano. Nel frattempo, gli austriaci hanno già chiuso la frontiera, con la benedizione del santopadre di turno (tanto, morto un papa se ne fa un altro). Ci resta Capodistria, speriamo in bene… Come se non bastasse, siccome all’ Europa mica va bene che uno dei membri sia territorio di guerra, risolvono di fare attacchi mirati. Nel mentre, cominciano ad apparire gli abusi e i soprusi delle parti in gioco, si cerca casa per casa il nemico. Magari, qualcuno potrebbe bussare alla porta di una che, se sopravviverà, un giorno sarà ricordata come la “nonna che salvò il nonno”. Si stupra, si ammazza, si brucia, si scappa. Ci si pente o si rafforzano certe credenze sulle parti in campo, ma la maggior parte in fondo, cerca di sopravvivere. Quelli che non sparano. I nonni e le nonne, i bambini e molte donne. Quelli che non hanno voglia di farsi ammazzare, che mica tutti sono eroi per alcune idee confuse, in fondo la maggior parte delle persone cerca di sopravvivere nel migliore dei modi possibile.

Fine del gioco. Dicevo, all’inizio, che mi dispiace molto non aver visto la notizia del popolo, per lo meno gli “altri” o parti di loro, scendere in piazza contro il bombardamento in se. Gli unici a dire che sono un pochino (ma mica abbastanza, secondo me) contrari sono i leghisti. Ma solo per la paura che l’ uomo nero sbarchi dalla Libia, da dove tutti sanno arrivano solo terroristi. Parlano strano, stuprano le nostre donne, spacciano, sono sporchi, fanno paura, paura, paura). Magari dovremmo tutti rileggere Camus. O magari avremmo bisogno di ricordarci delle nostre nonne che difendevano il loro uomo dalla minaccia di morte del nemico. Gente che non votava neanche, perché il voto non era esattamente come oggi, magari non sappiamo neppure se avrebbero votato per un Berlusconi dei loro tempi o per un altro, ma che ad un certo punto si sono accorti che la cosa non era neppure più possibile risolverla con una rissa da bar, che in fondo, era un vivere civile.

Comunque: ci siamo davvero dimenticati di tutti quei valori che gli “altri”, quelli che la carta costituzionale l’ hanno fondata, hanno proposto? Pace, diplomazia, solidarietà, avversione alle soluzioni con le armi, vivere civile… E invece, l’ unica preoccupazione sembra essere se il governicolo attuale cade per colpa della lega. Si, ma intanto siamo là a cacciabombardare qualche libico, giocando al piccolo chirurgo. Ogni tanto i chirurghi sbagliano, ma tante scuse e arrivederci.

Forse mi aspettavo non dico una discesa in piazza come quella spontanea degli spagnoli dopo gli attentati di Madrid, ma per lo meno un’ “accesa scossa d’ indignazione” che scuotesse la parte civile della popolazione, quella si, mi sarebbe piaciuta…

A proposito, le tre famiglie lucchesi hanno avuto la fortuna di conoscere un famiglia all’ Elba e, costretti a condividere lo stesso spazio, nonostante le loro differenze anche radicali sono stati obbligati a sedersi, discutere, litigare pure. Per convivere senza ammazzarsi, per non dover scappare e trovarsi di fronte l’indifferenza o l’odio palese alla frontiera. Per non vedere nessun figlio morire, nessun nipote soffrire la fame. Le tre famiglie non si amano, si tollerano. Ma la figlia del fascista si è proprio innamorata del ragazzo degli “altri” che, prima di tutta questa gran tormenta, faceva architettura a Pisa… Discutono molto, litigano pure, ma è solo perché hanno molta, molta voglia di costruire il futuro dei loro figli…

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RICORDO DELLA LIBIA (in italiano)

Due anni fa sono stata in Libia alcuni giorni, in vacanza. Ricordo un paese che, visto dall’alto, era color della sabbia del deserto. Tripoli era una città mediterranea che ricordava la Sicilia, dove le tracce del passaggio colonialista italiano erano visibili, ancora, nelle arcate di travertino del centro. A Bengasi, ho visto un tramonto d’argento lungo due ore: la sabbia del deserto sollevata dal vento, filtrava la luce del sole, rivestendo tutto con questo colore. Leptis Magna, città natale dell’imperatore Settimio Severo, é una rara gioia urbana dell’antichità, testimone in pietra della sostanza del concetto di cosmopolitismo.

Ricordo la nostra guida, un signore mussulmano piuttosto bigotto. Dico bigotto, perché aveva lo stesso identico modo di vedere le cose che hanno molti dei nostri cattolici dalla doppia morale. L’unica differenza era che invece di Cristo parlava di Allah. Bigotto, però, non deve essere confuso con integralista, ne’ con fondamentalista. Bigotto è bigotto, in tutto il mondo. Questo signore aveva passato, in gioventù, alcuni anni in Italia, ed è per questo che parlava la nostra lingua.

Ricordo l’autista, bravissimo, che guidava la jeep, quando sono andata a Sheba, nel mezzo del Sahara. La faccia da talibano, mussulmano colla tunica e il turbante, in un primo momento ne avevo un po’ di timore, ma poi, mi accorsi che era meno bigotto e meno rompiballe della guida e che aveva, nella sua conoscenza del deserto, un rispetto, un amore grandissimo per questo mondo.

Ricordo il giovanissimo autista Abel, cirenaico, che aveva deciso che io ero bellissima, affascinante… All’epoca mi fece molto ridere, questo ventenne “stregato” da una che aveva l’etá di sua madre. Ci portó addirittura a casa, a conoscere la sua famiglia. Gli uomini sedevano in salotto, mentre noi donne ce ne stavamo nel vestibolo. Conobbi la madre e le tre sorelle, con cui “chiacchierai” in “italarabinglese”, ma soprattutto a gesti e sorrisi. Tutte gentilissime, curiose, vogliose di scambiarsi conoscenze.

Ricordo che mi chiedevo se, vista la storia della Libia, avremmo avuto la sensazione di essere ancora dominatori. Invece no. Durante il nostro “impero” arrivammo a massacrare parecchia gente. Ma in un confronto con le dominazioni inglesi, francesi e tedeschi, siamo stati piú degni, tutto sommato abbiamo saccheggiato meno… Insomma, senza giustificare il nostro colonialismo, i libici non dico che ci rimpiangessero, ma comunque ci rendevano alcuni meriti, confrontandoci con altri dominatori. Molto strano, pensai, ma anche interessante da scoprire. Tutto sommato, noi non ci confrontiamo quasi mai col nostro passato colonialista. A dire il vero, neanche con quello della nostra emigrazione, mi accorgo… Forse non ci confrontiamo mai molto col nostro passato. Comunque, torniamo in Libia.

Oggi mi chiedo: dove sono queste persone che ho conosciuto? La mia guida bigotta, che quando disse che col pesce un bicchierino di vino bianco ci sarebbe stato bene, come faceva quando era in Italia, da me ottenne uno sprezzante commento sulla sua “debolezza religiosa”e fu obbligato a darmi ragione (ah, la dolce vendetta dei laici!!!!). Mi chiedo se, tra i 10.000 morti, ci sará anche il giovane e sconsiderato Abel… In fondo, la possibilitá che questo succeda non é cosí bassa: i Libici sono SOLO 4.000.000, mica é una popolazione densa come in Cina.

E i nostri governanti sono preoccupati solo con una cosa: i disperati che possono arrivare in cerca di salvezza, cercando di fuggire da dove si spara. Forse, in questo modo, stiamo smascherando quella violenza colonialista che, ai tempi sapemmo nascondere cosí bene. Forse, in questo modo, troveremo un’altra scappatoia dal nostro passato, per continuare a non farci i conti… Beh, se qualcuno sa qualcosa dei miei conoscenti libici, per favore, fatemi sapere!

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DILMA RUSSEFF, EM ITALIANO.

Il Brasile ha eletto presidente della Repubblica:

Dilma Russeff, 62 anni, il cui potere politico e economico si può collocare in un punto tra quello di Hillary Clinton e quello di Angela Merkel. Questa è stata il ministro delle Miniere e dell’Energia quando il Brasile ha investito con un certo successo, calcolabile in termini di benessere sociale tangibile e visibile.

Dilma Russeff… Dilma Rousseff… rigiro il nome, perchè c’è qualcosa di importante, nel fatto che sia un presidente donna.

Non è facile spiegare cosa significa una donna con questo potere in un paese in cui il machismo È UN FATTO biologico: se una donna parla, lo fa a partire dal suo repertorio “donnesco”, legato alla POTENTE SINDROME PREMESTRUALE . QUI il MACHISMO fa si che, quando una donna parla, lo fa sempre a partire da un gradino più in basso: sarebbe meglio se una donna restasse alle spalle di un uomo.

Dilma è una donna che ha un ruolo di potere non indifferente che vuole continuare la politica di Lula, che ha portato il Brasile ad essere l’ottava economia del mondo. La politica economica del governo Lula ha fatto sentire poco alle classi A e B l’impatto della crisi globale.

A= ricchi ricchi, proprio capitalisti proprietari. Hanno sentito la crisi, ma meno di quanto si aspettassero. Gli affari, se sei capace e competente, se dimostri un determinato standard di produzione E di condizioni di lavoro, può ricevere incentivo, se poi è multinazionale, riceve incentivi per investire qui. Insomma, la crisi ha avuto un impatto su tutti, ma i ricchi ricchi, ancora una volta, nonostante fosse un governo de sinistra, hanno retto bene all’impatto. Certo, per loro, sarebbe meglio privatizzare molto di più e, ridurre le spese dello stato per il benessere sociale e investire nell’industria privata senza ritorno per il pubblico. Comunque, anche loro hanno sentito tanto, come in Europa, l’impatto della crisi. Il potere d’acquisto dei salari dei lavoratori non è sceso, e non sono peggiorati gli indici di impiego, quindi, se tanto mi da tanto, le cose non sono andate così male per gli imprenditori grandi e medio grandi

B= classe media alta (imprenditori medi, professionisti liberali) e media media “stabile”, i piccolo impresari, ma anche quella non legata all’economia di mercato (gestione delle politiche pubbliche, gestione del settore tecnico delle stesse/vari settori universitari…): incentivi al settore privato, investimenti nel settore pubblico.

Lula non ha fatto sentire la crisi alle classi C e D

C = classe media media “instabile”, quella immediatamente soggetta alla proletarizzazione in caso di crisi economica. Sono piccoli o addirittura micro impresari come per esempio, la venditrice ambulante di dolci che vuole comprare un carrettino per venderli meglio, riceve benefici e investimenti pubblici in forma di prestiti a interessi specialmente bassi.

D = esclusi dal mercato, quelli che non verremmo che esistessero. Quelli che, prima di Lula, si perdevano nelle favelas, per le strade e, in alcune zone, morivano anche di inedia. Beh, questi sono davvero diminuiti, Il Brasile ha sradicato la miseria vergognosa. Oggi esiste, dove c’era la fame, una cosa che si chiama “povertà degna”. Non è ancora una soluzione, ma per chi moriva di fame, è un grande avanzo.

C e D hanno incontrato ammortizzatori sociali che hanno permesso addirittura un miglioramento nella qualità di vita di queste classi. A e B non hanno subito peggioramenti. L’economia è cresciuta. Tutti si spartiscono il benessere.

Si lotta ancora per l’eliminazione della corruzione.

Per lo sradicamento della prostituzione infantile. Bambine che si prostituiscono, ma qui sono bambine fino ai 18 anni: lo sfruttamento sessuale è considerato reato anche nella parte del “cliente”: il turista italiano in vacanza sulle spiagge, a Fortaleza, Bahia, fino a Rio de Janeiro, se ci viene per turismo sessuale deve stare attento all’età dell’accompagnatrice, perché sennò finisce IN GALERA. COMUNQUE:

Qualsiasi dibattito sul fatto che sia o no importante il GENERE nella politica, muore davanti all’improvvisa consapevolezza di stare vivendo un momento storico POTENTISSIMO!!!

Un paese da sempre dominato dalle elites (della canna da zucchero, del caffè, è rimasto a sinistra. Sinistra per davvero, in questi tempi tetri per la politica europea.

Lula, per la prima volta, durante il suo governo, ha dimostrato “fatti” che fanno parte di un repertorio di “sinistra” sulle idee di scuola, sanità e servizi pubblici. No, niente di radicale, una politica, in questo senso, molto socialdemocratica quasi di modello svedese, ma applicato su scala sub-continentale e con numeri di popolazione e indici di povertà ben diversi da quelli svedesi…

Secondo me rimette un po’ ad un’idea di “stato competitivo” inteso come stato modello di eccellenza per capacità produttiva e distribuzione del benessere sociale con base proprio in questa capacità produttiva. Per tutti.

Allora, Dilma non è SOLO l’erede di questa scelta politica.

Voglio dire, lei si è candidata sulla base della continuità nelle proposte e realizzazioni politiche.

Così come non è solo “un presidente” con una storia di resistenza alla dittatura, una che ha visto calpestati i diritti umani, ha preso in armi e si è fatta il carcere, oltretutto con torture “latinoamericane” connesse.

Dilma è una DONNA.

Che dimostra che non ci sono solo le veline & ballerine.

Che ha il potere politico-economico dell’ottava potenza economica del mondo.

Che è una dura della madonna, difficile da piegare.

Questa donna ci fa bene, non è stata umile, non si è accontentata. Questa non è una che si lascia imprigionare nei biologismi sulla natura femminile.

Questa è una donna con una sua storia politica.

Questa è un’economista ben preparata.

Ed io sono qui, in questo paese machista, e mi sento parte di un posto civile, democratico, lontano dalla perfezione, ma sicuramente più vicino a ideali civili più giusti, più umani, più degni. È complicato vedere scelte politiche estetizzanti, sessualizzanti e subordinanti da/con/su/del corpo femminile in quanto corpo vuoto/aperto dalla/alla politica del fallo (organo maschile).

È una sensazione fortissima, davvero, vedere e vivere l’elezione di una donna alla massima carica pubblica. Con questa storia. Pensateci, italiche menti!

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