Biografias impossíveis, contos, racconto

FATALITÀ (2)

2013-06-18 19.40.33 É una giornata straordinaria, al Prato dei Pioppi, così brillante che decidiamo di farla durare 26 ore invece delle solite 24. Nel laghetto di pietre brillanti, i pesci si ripuliscono, depositando scaglie d’oro sul fondo. È la nostra ricchezza, quella che ci permette di vivere e viaggiare. Usiamo anche i pezzi di corteccia d’argento dei pioppi, che raccogliamo dopo che hanno fatto il bagno di luna piena. Guardo le mie amiche e penso che sia evidente che la Lupa Romana appartenga al popolo dell’Isola che non c’è anche se sulla cartina c’è ed ha un nome e si può visitare, ma quello che si trova è solo un doppione in 3D pieno di gente che si fa la villa, la portaerei e il vulcano privato. Al suo fianco siede Fatavarich, una ninfa di origini siberiane, che crede fermamente che a ciascuno deve essere data una bacchetta magica secondo le sue necessità, e con questa lavorerà secondo le sue possibilità. È una bella filosofia, quella di Fatavarich, che restituisce a tutti i membri del popolo fatato i suoi mezzi di produzione. So che quando stava in Siberia faceva architettura di ghiaccio. Poi è stata per un po’ di tempo al Salar di Atacama, costruendo palazzi e statue di sale. Un giorno, però, si è accorta ch i muri che aveva costruito si stavano crepando, per cui ha deciso che si dedicava al traffico dei maggiolini, dei maggioloni e delle carrozze tirate dai ragni. Ha fatto presto carriera, ed oggi amministra anche il flusso di immigrazione magico, cercando di evitare gli inevitabili problemi culturali che possono sorgere quando un Djin monta la sua lampada di nomade di fianco, che ne so, alla villetta di pan di zucchero di una strega tedesca. Oppure, quando un cinocefalo mongolo ulula alla luna sotto le finestre di uno gnomo svizzero. Son poi problemi, questi, che qualcuno deve pur affrontare! C’è poi una guerriera, tra noi, che per svagarsi dirige telepaticamente una fattoria modello in un piccolo microcosmo parallelo. L’altro giorno aveva il problema delle lumache celesti che le mangiavano le piante carnivore, che lei usa al posto della carne. Al tavolo c’è pure un elfo cisalpino, si vede dalla forma del naso e dal taglio un po’ obliquo degli occhi. È uno degli elfi più pacifici che conosca, va in giro con una vecchia tortuga che, quando spinta al massimo, va ai 23 all’ora, suscitando la rabbia degli automobilisti comuni. Comunque, visto che Fatavarich ne ha parlato, decidiamo di raccogliere dall’orto un po’di bacchette magiche, dei frutti rossi che ammiccano quando li metti in bocca, leggermente lisergici, con cui si fa l’insalata. Quando le bacchette magiche seccano, si estrae una polvere che, immessa nella nebbia, si avvolge ai nostri sogni ad occhi aperti, rendendoli più colorati e caleidoscopici. Domani, allora, io e Medea andremo nell’emisfero sud, alla ricerca di qualcuno che possa aiutarci a rintracciare lo Yeti.

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FATALITÀ (1)

Io e Medea decidiamo di prenderci qualche giorno di riposo in un resort specializzato in yogurt. Il resort è famoso per i suoi favolosi letti terapeutici a chiodini, che hanno la particolarità di essere girati a seconda della stagione, per rendere più efficace la terapia: d’ inverno le teste e d’ estate le punte.

Il resort é sul’ Himalaya, un posto assolutamente mistico ed esoterico a uno sputo da Thimphu. A Thimphu c’è una bellissima fonte della gioventù, all’interno del Palazzo delle Terme. Dopo il bagno ci ritroviamo vent’anni più giovani.

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Il resort, che si chiama “Allo Yeti allegro”, ha sul davanti un piccolo pub accogliente, luci soffuse e rivestimento in legno, così durante le fredde notti invernali dell’ Himalaya si poteva socializzare guardando la fitta neve cadere là fuori. Una svizzera orientale, insomma, con tutti i confort che una fata, una strega o un’ arpia moderna possano desiderare. Comunque, si, insomma, io e Medea decidemmo di farci questa settimana dal nostro vecchio amico.Quando arrivammo, dopo un viaggio piuttosto difficile a dorso di yak, ci dissero che il padrone, lo Yeti dell’insegna, aveva rinunciato all’attività perché si è reso conto di essere in estinzione. Se ne è andato a svernare da qualche parte in Sudamerica e non è più tornato a Thimpu. Ci facciamo comunque un giretto nella zona prima di approfittare di un concerto all’aperto in cui suonano le trombe tibetane. Il cielo si riempie di suoni metallici simili ai gemiti delle balene in calore, il che commuove fino alle lacrime Medea, che non riece a fari una ragione della scomparsa di Caramella, la piccola balenottera azzurra che risalendo i tubi era un giorno arrivata alla sua vasca da bagno. La fidanzata di Medea, però, soffriva di un sacco di allergie e, nella lista di cose che la facevano starnutire, c’era anche il pelo di balenottera azzurra. In una staffetta combinata di due piccoli TIR, la piccola Caramella era stata affidata ai suoi genitori d’adozione, in un laghetto salato nel grande salar di Uyuni, in Bolivia. Un giorno, però, Caramella si era inbissata ed era sparita nel labirinto di sale andino. Era stata avvistata qua e la in mezzo ai fenicotteri della laguna verde, al confine con il Cile.Poi, più nessuna traccia. Ecco, i suoni trombotici, cioè di trombe ipnotiche, dell’Himalaya aveva rievocato la nostalgia di Medea.

Il fatto che gli Yeti fossero in estinzione ci aveva preoccupate, così decidemmo di tornare al Prato dei Pioppi e parlarne con gli altri membri della comunità.

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Lo facemmo durante un pranzo a base di fiori: crema di fiori di zucca, rose arrosto con la cannella e, per finire una deliziosa torta i iris e acacia. L’unico problema era la moltitudine di api che cercava di scroccare le pietanze. Riuscimmo ad arrivare ad un accordo rifornendole di alcool, nel quale depositarono propoli e miele, di modo che, dopo il pasto, ci godemmo anche un delizioso liquore naturale. La Lupa Romana, responsabile per buona parte della nostra scorpacciata, saputo della scomparsa dello Yeti ci suggerì di rivolgerci a un suo qualche parente, per scoprire qualcosa di più sull’ultimo rifugio del nostro amico. Mentre discutevamo in quale direzione svolgere le nostre ricerche, il sole cominciò a calare ed io e Medea decidemmo che il giorno dopo saremmo partite alla ricerca dello Yeti in Sudamerica.

 

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